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Il carbone ardente della rabbia

Counseling per il benessere emotivo

“Trattenere la rabbia è come trattenere un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro; sei tu quello che si scotta”

Buddha

Federico si siede di fronte a me, le mani poggiate sulle gambe, tamburella con gli indici sulle ginocchia e si guarda intorno. Alla mia domanda: “Cosa posso fare per te?” mi risponde: “Ho un problema con la rabbia. Cioè, non che io non abbia motivi per arrabbiarmi, ma non riesco a controllarmi quando succede.”

Con queste parole incomincia un percorso di counseling per il benessere emotivo, un cammino che ha portato Federico a scoprire e riconoscere la ferita emotiva che si nascondeva dietro la sua rabbia, per poterla gestire.

“La rabbia è un sintomo, un modo di incanalare ed esprimere sentimenti troppo spaventosi perché siano sperimentati direttamente: sofferenza, amarezza, dolore e, più di tutto, paura.”

Joan Rivers

Indice dell’articolo

Cos’è la rabbia

La rabbia è un’emozione di base, e, come tutte le emozioni primarie, è innata e universale, viene manifestata allo stesso modo da individui appartenenti a culture completamente diverse tra loro. Tutte le emozioni, anche quelle che, come la rabbia, possono sembrarci fastidiose e scomode, ci permettono di orientarci nelle scelte della vita e nella gestione delle relazioni. Quelle primarie sono sei: paura (ne parlo nel mio articolo: Dalla paura può nascere un fiore), tristezza, gioia, rabbia, sorpresa, disgusto. 

Tutti sperimentiamo rabbia, seppure con intensità variabile. Inizialmente la sua funzione è adattiva, può essere una preziosa forma di difesa e di comunicazione. Questa emozione, infatti, può permetterci di far comprendere all’altro che c’è qualcosa che ci disturba o ci ferisce, ci consente di renderci conto che un particolare vissuto ci sta arrecando malessere, consentendoci di far valere le nostre ragioni. Ha funzioni difensive e comunicative. Quando supera determinati limiti, però, diventa disfunzionale e negativa, fino a trasformarsi in pericolosa.

Alla mia domanda: “Cosa succede quando ti arrabbi?” Federico risponde: “Non ho più il controllo di ciò che dico o faccio. Mi ritrovo a urlare le offese peggiori e se ho qualcosa tra le mani, non posso evitare di romperla”.

La rabbia può essere definita come una reazione di intensa irritazione generata da una condizione di conflittualità o da una situazione sfavorevole, e, se ben gestita, può far nascere un confronto sano e un cambiamento evolutivo. Nel caso di Federico, però, questa emozione perde tutti i suoi connotati positivi, per diventare cieca collera. 

Federico, quando dice di perdere il controllo, finisce per provare un’emozione troppo ingombrante, che non riesce a contenere. Quando gli domando: “Cosa scatena questa reazione?” mi risponde che basta poco, un inconveniente, un dissenso, uno sgarbo. Gli chiedo di farmi degli esempi e, senza esitare, continua: “E’ successo anche stamattina.

Avevo dato dei compiti precisi al mio dipendente, niente di trascendentale, doveva sistemare alcuni dati in un documento amministrativo da consegnare con urgenza, ma quando ho verificato, aveva modificato le cifre sbagliate. Non ci ho visto più”.

Ogni volta che la situazione sfugge al suo controllo e non si sente ascoltato da qualcuno, Federico non riesce più a padroneggiare la sua rabbia, diventandone succube. 

Il bambino ferito

Le esplosioni di rabbia, incontrollate e ripetute, nascondono una profonda sofferenza interiore. 

Federico è il primogenito in una famiglia benestante. Suo padre era un ragioniere stimato e sua madre un’insegnante molto apprezzata nel piccolo paese di provincia in cui è cresciuto. Suo fratello, Marco, ha mostrato sin da piccolo un’intelligenza brillante che gli ha fatto guadagnare una considerazione speciale agli occhi dei genitori.

A Federico spettava il ruolo di figlio meno capace. Succedeva spesso che, in pubblico, Marco venisse elogiato e mostrato con orgoglio, mentre per lui venivano spese poche parole di rassegnazione e sfiducia. Andando indietro nel tempo, nei ricordi di Marco arriva l’eco di alcune frasi che gli venivano rivolte: “Stai zitto tu che non capisci niente”; 

“Non sei capace, perché non impari qualcosa da tuo fratello?”

 Alcune immagini della famiglia riunita a tavola, arrecano particolare sofferenza a Marco, ridestando l’onda emotiva dell’isolamento e del rifiuto. Per questa ragione, ogni minimo segnale di disinteresse o scarsa considerazione da parte di qualcuno, è in grado di innescare sensazioni di iniziale frustrazione, tristezza, smarrimento, che si esprimono con rabbia e accuse. Fino a perdere il controllo.

Il bambino ferito che è in Federico non riesce a sopportare il carico emotivo che arriva dal passato e che si amplifica nel presente, così, l’adulto, maschera le emozioni congelate ed esplode nella collera. A farlo arrabbiare non è l’evento in sé, ma l’interpretazione che costruisce nella sua testa e l’onda emotiva che quei pensieri ridestano.

La rabbia, infatti, è spesso soltanto una corazza che ci consente di proteggere il bambino ferito in noi. La sofferenza che proviamo e che chiede di essere ascoltata per essere poi elaborata, si trasforma in comportamenti che sfuggono al controllo, in esplosioni di collera che ci lasciano disorientati e confusi.

Dietro la rabbia potrebbero celarsi paura, insicurezza, vulnerabilità, senso di inadeguatezza, depressione, senso di colpa, vergogna.

Ti sei mai chiesto cosa si nasconde dietro la tua rabbia? Hai mai dato ascolto al bambino ferito in te?

Imparare a comprendersi

La rabbia, quando esplode, si manifesta in modo potente, spingendo l’individuo ad atteggiamenti estremi, difficilmente controllabili; per questo spaventa. Inoltre, si autoalimenta, amplificando le situazioni verso un punto di non ritorno. Federico, subito dopo l’esplosione, si sentiva confuso, perso, spaventato. Questo perché la sua rabbia affondava le radici nella ferita emotiva ricevuta nel passato.

Per poterla gestire, quindi, doveva prima identificare le sue origini e il significato che le attribuiva. Ha dovuto imparare ad ascoltare la rabbia dentro di lui, uno stato emotivo che permaneva, indipendentemente dalle azioni proprie o altrui. Quelli che lui considerava validi motivi per arrabbiarsi, in realtà erano soltanto situazioni che richiamavano il suo vissuto psicologico, risvegliando il bambino ferito.

Guardare con nuova consapevolezza le sue reazioni e riuscire a contestualizzarle, ha aperto la strada al cambiamento. Conoscere la sequenza dei pensieri risentiti che alimentano la collera, fino a rintracciarne l’origine, è un efficace meccanismo per incominciare a disinnescarla, in primo luogo facendo vacillare le convinzioni che la fomentano.

Le riflessioni cupe nelle quali si aggrovigliava Federico, non facevano che aizzare l’antico fuoco interiore: per iniziare a spegnerlo doveva considerare le cose da una prospettiva diversa e tornare a prendere per mano il bambino ferito.

Gestire la rabbia

  • Un primo modo per disinnescare la rabbia, come abbiamo visto, è quello di fermarsi sui pensieri che la alimentano, cogliendone la radice e mettendoli in discussione; infatti, lo scoppio d’ira viene fomentato e incoraggiato dal nostro primo giudizio su una interazione, mentre le successive rivalutazioni hanno l’effetto di spegnere le fiamme. Nel caso di Federico, si era creato un automatismo inconscio attraverso il quale, ogni volta che si verificava una incomprensione nella relazione, la convinzione richiamata era: “Non vengo ascoltato perché non valgo abbastanza”. Quando si è reso consapevole di stare etichettando le sue esperienze quotidiane per difendersi dalla sofferenza antica, ha aperto la strada alla rivalutazione dei suoi giudizi, accogliendo la possibilità di un difetto nella comunicazione, che ha disinnescato lo scoppio d’ira.

  • Quando la rabbia maschera un sentimento più profondo, come nel caso di Federico, è quindi necessario far emergere non soltanto le convinzioni disfunzionali, ma soprattutto l’emozione autentica, imparando a riconoscerla e accoglierla. 

  • È fondamentale fermarsi per ascoltare i propri bisogni, evitando così di dare la colpa agli altri, finendo per addossare su chiunque la responsabilità del nostro stato emotivo. Prova a chiederti quale bisogno pensi che l’altro non rispetti nel momento in cui provi rabbia. Guardati senza maschere e riconosci il bambino ferito in te.

  • È importante esternare e non reprimere, ma in modo sano e funzionale: l’espressione fisica della rabbia in un luogo protetto, come una palestra per praticare sport, o isolati in uno spazio sicuro, può essere un punto di partenza perché insegna a convivere con tutti i correlati fisici della sensazione della rabbia e ci consente di osservarli decontestualizzati. Federico ha dapprima scelto di fare delle lunghe passeggiate in aperta campagna, durante le quali, quando sentiva l’onda arrivare, si lasciava andare in un urlo liberatorio. Il passo successivo è stato praticare uno sport, il crossfit, che lo aiuta a perfezionare autocontrollo e fiducia in sé.

  • È utile imparare a gestire il proprio modo di comunicare cercando, per quanto possibile, di tendere all’assertività che può raffigurare quell’ideale equilibrio tra il discontrollo e la repressione, tra il troppo e il troppo poco.

Per una comunicazione assertiva è importante:

    • Esigere di essere trattato con rispetto, ma dare il buon esempio trattando l’altro con dignità e rispetto.
    • Esprimere le proprie opinioni chiedendo attenzione e ascoltando quelle altrui con atteggiamento aperto.
    • Condividere i propri sentimenti, lasciando che l’altro esprima i suoi. Ognuno ha il suo vissuto e il suo personale modo di filtrare le esperienze: il rispetto del diverso sentire è alla base di ogni comunicazione efficace.
    • Rifiutare, con gentilezza e tatto, ma anche con fermezza, quando non ci sentiamo di accogliere una richiesta; e accettare serenamente quando gli altri esercitano lo stesso diritto nei nostri confronti.
    • Chiedere ciò di cui si ha bisogno. 
    • Scusarsi se si commettono degli errori e comprendere che anche gli altri possono sbagliare.
    • Scegliere per noi stessi ciò che ci sembra meglio, impegnandoci per perseguire i nostri obiettivi, lasciando che gli altri facciano lo stesso.

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