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Vittima di un narcisista

“Nessuno è così vuoto come coloro che sono pieni di sé.”

Andrew Jackson

Tina entra nel mio studio visibilmente scossa. Si siede e intreccia le mani sul grembo, torturandosi i pollici. Lo sguardo basso, le spalle curve.

Aspetto. Il silenzio sa essere l’abbraccio più accogliente a volte. Dopo qualche istante Tina alza la testa e mi guarda. Le tremano le labbra. 

“Dottoressa mi aiuti, non ce la faccio più”. Scoppia in lacrime, i singhiozzi la scuotono.

Questa volta ha bisogno di un abbraccio vero, che la contenga, che ne ricomponga i pezzi. 

Quando si calma, incomincia a raccontare il suo inferno.

Questa è una storia vera.

“Ci siamo conosciuti sette anni fa, ero sposata all’epoca. Il mio era un matrimonio infelice, ormai a malapena ci parlavamo io e mio marito. Mauro era rientrato da poco da Milano, dove lavorava da tre anni, per aprire un’attività nel nostro paese. Era amico di alcuni amici, ci siamo incontrati a una festa. Lui e mio marito si conoscevano già, quindi abbiamo incominciato a frequentarci. Era così brillante!

Catturava l’attenzione di tutti, con la sua ironia pungente e gli aneddoti sul suo lavoro che sembrava importante, difficile. Ha iniziato da subito a interessarsi a me: voleva che gli raccontassi cosa facevo, il mio lavoro da infermiera, la palestra, gli hobby. Non mi sentivo così speciale per qualcuno da tantissimo tempo. Si è iscritto nello stesso centro di fitness che frequentavo e ogni volta mi aspettava all’uscita, per offrirmi un caffè o soltanto per fare due chiacchiere. Credo sia incominciata così. Durante le cene con gli amici in comune mi portava da bere e mi sfiorava di continuo, mi cercava con lo sguardo. Mi sentivo bella, desiderata.

Di lì a poco abbiamo incominciato a chattare. Le sue parole! Erano un balsamo che leniva anni di solitudine e indifferenza. Mi scriveva che ero speciale, che gli sembrava di conoscermi da sempre e che di sicuro in un’altra vita eravamo stati insieme, nella più bella storia d’amore che si possa immaginare. Sono arrivati gli incontri clandestini, il primo bacio, il sesso meraviglioso. Mi riempiva di premure e dedizione, mi cercava di continuo, ovunque andassi: fosse anche al supermercato, lui arrivava per aiutarmi o semplicemente per stare con me. Mi chiedeva di lasciare mio marito con sempre maggiore insistenza. Mi diceva che ero sua e che impazziva al pensiero che io fossi con un altro. Di lì a poco ho chiesto la separazione e sono diventata davvero, totalmente sua.”

Le prime fasi di una relazione con un narcisista patologico sono magiche, romantiche, intense. Tina si è sentita bombardata di attenzioni e di amore, come nella più classica delle fasi di love bombing.

Mauro è brillante, intelligente, dotato di un grande fascino e, come tutti i soggetti che soffrono di disturbo narcisistico di personalità, è egoista, infantile, testardo, umorale, egocentrico, capriccioso. Ma questo Tina lo avrebbe scoperto soltanto successivamente. Già dalle prime occasioni si mostra estremamente sicuro di sé, sentendosi superiore agli altri, e si comporta come se tutto gli fosse dovuto, desiderando di essere ammirato.

“Abbiamo incominciato da subito a vivere insieme. Lui correva tanto, quasi non riuscivo a stargli dietro. Gli ho detto che per mia figlia sarebbe stato meglio aspettare, fare le cose con calma. Ma ha conquistato anche lei, così abbiamo scelto una villetta comoda e ci siamo trasferiti lì, noi tre. Parlava di un figlio tutto nostro, per rendere perfetta la nostra unione, per avere una famiglia completa. Ma a queste promesse di un amore sempre più felice, si alternavano atteggiamenti in cui stentavo a riconoscerlo.

Improvvisamente non gli stava più bene niente, a volte me lo diceva apertamente, lamentandosi di continuo; altre volte mi colpiva con un sarcasmo distaccato e pungente, che mi faceva più male delle offese dirette. Soffrivo soprattutto quando le sue lance erano dirette contro mia figlia: perché aveva lasciato la luce accesa o aveva dimenticato i calzini da qualche parte, poco importava, era un continuo sottolineare ciò che non andava. Se dedicavo attenzioni alla mia bambina, ecco che si offendeva, si chiudeva in un mutismo oppositivo anche per giorni e se glielo facevo notare, ero io quella sbagliata, mi stavo inventando tutto, il suo comportamento era dovuto semplicemente ai pensieri per il lavoro.

In quei momenti si dedicava al suo aspetto fisico quasi con ossessione: aumentava gli allenamenti, le partite di padel, si rifiutava di mangiare ciò che cucinavo, preferendo cibi magri e misurati. Mi sentivo inutile, sbagliata, sola. A volte non ce la facevo a sopportare tutto quel vuoto e la sua indifferenza, le sue critiche continue e finivo per piangere davanti a lui, chiedendogli di spiegarmi cosa stesse succedendo, il motivo per il quale non era più l’uomo che avevo conosciuto. Lui mi guardava. Stava lì a fissarmi mentre singhiozzavo. Poi mi diceva che stavo creando un problema inesistente, o che forse ero io a essere troppo attaccata e bisognosa. Smettevo di piangere sentendomi una stupida e in preda ai sensi di colpa.”

Quando Mauro ha ottenuto ciò che voleva, quando è riuscito a strappare Tina dalle mani di un altro, si stanca subito del suo trofeo. Diventa assente, di cattivo umore, torna al suo individualismo. Se Tina gli chiede quell’amore che le aveva promesso o semplicemente sostegno, la punisce con il silenzio o facendola sentire sbagliata. È la fase della svalutazione. 

Una delle più grandi trappole dell’amore tossico è confondere la persona immaginata con la persona reale: Mauro è viziato, egoista, maleducato, concentrato su un io autoreferenziale, bugiardo, non ammetterà mai di essere o di fare qualcosa di sbagliato.

Il narcisista patologico, che sia overt, ossia manifesto, oppure covert, introverso, ha un costante senso di vuoto, di noia incolmabile, un bisogno continuo di stimoli. È spinto dalla ricerca incessante di ciò che è meglio unicamente per sé, persone incluse, che sono cercate e considerate come oggetti: dapprima desiderati e poi avvertiti come pesi insostenibili.

“Quando mi rassegnavo a vivere una relazione in cui ero da sola, concentrandomi di più su mia figlia e sul mio tempo, ecco che tornava a essere l’uomo che mi aveva fatta innamorare. Comprava il pesce e lo cucinava per me, metteva la musica che ci piaceva e mi faceva ballare, mi cercava per fare l’amore e mentre lo facevamo continuava a ripetermi “sei mia” o “sei sicura di amarmi davvero?”. Io tornavo a respirare. Anche se sentivo la paura serpeggiare nel mio cuore, il timore di perderlo ancora una volta, mi ostinavo a essere felice con lui, per lui. Ero disposta a mettermi tutto il dolore sofferto alle spalle. Ma non è stato possibile. i suoi sbalzi d’umore sono diventati più repentini e più violenti. È diventato aggressivo. Una volta, eravamo a cena in un ristorante, noi tre, e raccontavo del mio sogno di aprire un centro per il ricovero di animali randagi. Mi ha sbeffeggiata davanti a mia figlia, chiamandomi illusa, stupida, infantile. Ma non gli è bastato. Una volta a casa, davanti alla mia richiesta di spiegazioni, mi ha spinta con violenza facendomi cadere.

 In un’altra occasione mi ha strattonata per il bavero della giacca, fino a farmi urtare contro il muro, perché secondo lui avevo dato troppa confidenza ad un amico. Ogni volta che succedeva, dopo la sua sfuriata, io mi spegnevo, inebetita, rifiutando di credere che fosse accaduto davvero. Lui faceva finta di niente o, se accennava all’accaduto, era per dirmi che in fondo lo avevo provocato io. Mi sentivo pazza. Ero davvero io quella sbagliata?”

Quando un narcisista patologico si sente minacciato o contraddetto può diventare aggressivo e violento. Non comprende minimamente le emozioni altrui, le minimizza o le ignora.

Mauro non aveva scelto Tina per caso. Il narcisista, non avendo una personalità ben definita, sa intuire e fondersi con i bisogni di chi intende conquistare, ne subodora i traumi, le ferite antiche e approfitta delle sue fragilità. 

Ma perché Tina non riusciva a vederlo per quello che era, perché non si allontanava da lui?

Tina era cresciuta con un padre brillante, ma assente, che la faceva sentire abbandonata e immeritevole di attenzione, che alternava attacchi di ira a lunghi silenzi e a sporadici sprazzi di affettività. Anche per lei la scelta di Mauro non era stata casuale: con lui si riproduceva l’atmosfera dell’infanzia già nota, provava sentimenti che le erano familiari. Più l’infanzia è stata infelice, più forte è la spinta a rivivere le stesse sofferenze da adulti, nel tentativo di riuscire a dominarle.

“Non sapevo più distinguere la realtà dall’incubo che stavo vivendo. Mi ero isolata da tutti, ero sempre confusa, non riuscivo a occuparmi di mia figlia, sentendomi sbagliata, inutile, in colpa.

Lo spiavo di continuo, per cercare un gesto, uno sguardo, uno spiraglio dal quale potevo rivedere l’uomo che ancora speravo che fosse. Un giorno è tornato a casa su di giri. Non so per quale motivo, di sicuro non era per merito mio. Dopo pranzo mi ha chiesto di andare a riposare un po’ con lui. Sapevo già cosa significava: voleva fare sesso con me. Non riuscivo a sottrarmi alle sue richieste quando succedeva, perché almeno in quel modo mi sentivo vista, ancora desiderata. Siamo andati in camera, mia figlia era nella stanza accanto. Gli ho chiesto di fare in silenzio. 

Mentre facevamo l’amore, all’improvviso mi ha stretto il collo in una morsa sempre più forte. Non riuscivo a respirare, non potevo reagire. Con gli occhi cercavo di dirgli di smettere, non volevo che mia figlia sentisse. Ha stretto ancora, mi mancava il respiro. Poi, di botto, ha lasciato la presa. Ha raggiunto il piacere e si è steso al mio fianco. Non si è accorto della mia immobilità, dello stato di shock in cui mi aveva gettata. Mi ha detto “ti amo”. Poi si è alzato ed è uscito. È stata la paura a darmi il coraggio di chiedere aiuto. Non soltanto per me, ma per ciò che stava vivendo di riflesso anche mia figlia.”

Tina ha incominciato il suo percorso, difficile e faticoso, ma necessario, salvifico. Rinascere dopo una relazione tossica richiede tempo e impegno. Le continue manipolazioni e l’altalena emotiva che un narcisista patologico infligge alla vittima ne annientano l’autostima. Tina è tornata a prendersi per mano, per riappropriarsi della propria vita e ricominciare ad amarsi.

Se in qualche modo ti riconosci in quanto hai letto, non esitare a chiedere aiuto. 

Puoi liberarti, puoi salvarti, puoi tornare a splendere!

La storia di Tina è vera, che possa ispirarti e darti coraggio.


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