“Ti diranno di essere forte, coerente, giusto. Ti diranno di non fidarti del tuo cuore, di pensare bene a ciò che vuoi e di stare attento a ciò che fai. Ma la felicità è in rima perfetta con libertà. Dimentica ciò che ti diranno, capovolgi tutto. Agitati, balla, esagera, vivi! Perché muore senza saperlo chi non cerca sé stesso”.
Margherita Roncone
Quante volte ti sarai sentito dire che “Tu devi” fare qualcosa o essere in un certo modo? E quante volte hai finito per ripeterlo a te stesso, mettendo in atto poi una serie di comportamenti dettati da quella doverizzazione?
Spesso viviamo sotto la tirannia del “Tu devi” senza neanche rendercene conto. Perché? Perché in un certo senso sapere di dover essere o fare qualcosa ci dà una direzione da seguire, diventa una sicurezza. Ma prima o poi si trasforma in una prigione.
Per liberarci, per vivere liberamente la nostra vita, la prima cosa che dobbiamo fare è chiederci da dove venga questo imperativo e come abbia messo radici in noi.
Indice
- Introiezione
- Vantaggio secondario
- Il peso delle aspettative
- Voglio viene prima di devo
- Posso: ritrova te stesso
Introiezione
Quella che chiamiamo voce della coscienza, che ci spinge a comportarci in una certa maniera piuttosto che in un’altra, è la voce delle persone che ci hanno educati a pensare in un determinato modo, etichettando e distinguendo le cose in buone e cattive, giuste e sbagliate.
Le parole che i nostri genitori, ma anche alcuni insegnanti, ci dicono da bambini diventano quelle che noi diciamo a noi stessi. Accade a causa di un processo che Freud definisce introiezione: è un meccanismo di difesa che consiste nella incorporazione di valori, atteggiamenti e comportamenti altrui nel proprio sé, senza consapevolezza.
Da bambini siamo portati a introiettare i “Tu devi” dei genitori per evitare il senso di colpa o la punizione. Va da sé che, una volta interiorizzata, è difficile distinguere la voce dei nostri genitori dalla propria.
Cosa succede in questi casi? Il nostro comportamento non sarà il risultato di una scelta libera e autentica, ma risponderà a quell’imperativo che, se da piccoli ci faceva sentire al sicuro, “bravi” e educati, da adulti ci fa vivere in una gabbia.
Vantaggio secondario
A un certo punto, possiamo sentirci scomodi in quella gabbia: la nostra interiorità cerca di riportarci alla nostra essenza, alla nostra verità.
Può innescarsi una vera e propria battaglia dentro di noi: la nostra identità, che chiede di essere svelata e agita, si ritrova a dover lottare contro quella parte di noi che trova vantaggioso sottostare al “Tu devi”. Facciamo un esempio.
Un bambino si sente dire continuamente dai propri genitori che deve essere educato e gentile. Ha un fratellino con il quale non gli è permesso bisticciare, perché è più piccolo di lui, quindi va protetto e va accontentato se fa i capricci.
Da adulto, quel bambino, quando si ritroverà in situazioni in cui è richiesta una presa di posizione più forte e assertiva, pensiamo a situazioni lavorative o relazionali in cui diventa indispensabile farsi rispettare, tenderà a comportarsi come gli è stato insegnato.
Per questo suo atteggiamento sempre molto calmo e educato, è ben visto, viene giudicato come una brava persona e la considerazione che hanno di lui alimenta il suo buonismo.
Succede un giorno che, durante una discussione con un collega di lavoro più giovane di lui, perde a buona ragione le staffe e, per la prima volta, risponde in malo modo. Dovrebbe sentirsi soddisfatto per essersi fatto rispettare, invece ciò che prova è la preoccupazione per il giudizio altrui e un grande senso di colpa.
Cosa è successo? Per un attimo è emersa la vera identità di quel bambino diventato uomo, ma i cambiamenti richiedono impegno e grande fatica, spaventano.
Essere una persona sempre gentile e disponibile gli consente di piacere a molti, se incominciasse a farsi valere dovrebbe imparare a valorizzarsi e a far rispettare sé stesso sempre, con il rischio di inimicarsi più di qualcuno.
Questo è il beneficio secondario: non riusciamo a trovare la forza di cambiare e preferiamo rimanere in una situazione che non ci piace o non ci appartiene davvero, perché quella situazione ci dà qualcosa a cui non siamo disposti a rinunciare. Il “Tu devi” in questi casi diventa una sicurezza, un modo per nascondersi pur di essere accettati e ben voluti dagli altri.
Il peso delle aspettative
A volte, scegliamo di caricarci quell’imperativo sulle spalle perché crediamo che sia la cosa migliore per noi, non avendo fiducia nelle nostre capacità.
Quando la spinta di ciò che vorremmo essere si schianta contro la scarsa autostima e la paura di sbagliare, ecco che il “Tu devi” diventa la strada percorribile, quella che ci fa volare basso, ma almeno ci tiene al sicuro. E così ci auto limitiamo, offriamo al mondo e a noi stessi una versione risicata e mediocre di ciò che invece siamo profondamente.
Per evitare di deludere le aspettative, nostre o altrui, su noi stessi, cerchiamo di essere il più modesti possibile, come se volessimo chiedere scusa per i nostri pregi mettendo in luce i nostri difetti.
Ti è mai successo di rispondere a un apprezzamento su qualcosa che hai fatto cercando di sminuirne l’importanza? Per esempio:
“Hai fatto davvero un ottimo lavoro!”
“Sono stato soltanto fortunato”.
Oppure: “Hai preparato un ottima cena”
“E’ merito della qualità degli ingredienti, io ho fatto poco”.
Questo accade perché se qualcuno ci ritiene capaci di prestazioni eccellenti, da quel momento in poi avrà aspettative elevate nei nostri confronti e, non avendo abbastanza autostima, preferiamo nasconderci nel “Tu devi” essere modesto e volare basso.
Non soltanto: minimizzare i nostri pregi fa sì che gli altri si sentano meno in competizione con noi e possano, quindi, essere più bendisposti.
Qual è lo scotto da pagare? La mortificazione della nostra vera natura e della meraviglia che possiamo diventare.
Voglio viene prima di devo
Come abbiamo visto sino a qui, spesso la radice dell’imperativo si trova in un “Voglio”. Siamo noi stessi a voler assecondare quel “Tu devi” perché introiettiamo, perché c’è un beneficio secondario o per evitare di affrontare il peso delle aspettative.
Allora dobbiamo tornare a dare valore a “Io voglio”.Domandati: cosa vuoi davvero? Come vorresti che fosse la tua vita? Se vuoi essere pienamente te stesso, allora devi avviarti al cambiamento; se vuoi la felicità, devi imparare a liberarti da tutti i pesi che ti impediscono di volare.
Posso: ritrova te stesso
Perché tu possa sentirti libero di vivere pienamente la vita che vuoi, hai bisogno di conoscere te stesso. Il che significa capire quali sono i tuoi valori, mettere a fuoco le tue criticità e i tuoi punti di forza, scoprire i tuoi talenti. Per mettere in discussione tutti i “Tu devi” che hai ascoltato fino ad ora.
Avrai il timore di cadere e la tentazione di tornare sui tuoi passi. Ogni volta che succederà potrai fermarti e guardare indietro, ma soltanto per vedere quanta strada hai fatto. I percorsi di miglioramento non sono lineari, sono pieni di ricadute e di regressioni, ciò che conta è fermarsi quel tanto che basta per riprendere le forze e poi incamminarsi ancora.
Scoprirai che “Tu puoi” diventare padrone della tua vita e sperimentare la libertà di essere che ti avvicinerà sempre di più alla felicità. Perché finalmente riuscirai a darti il giusto valore. Questa parola, che io trovo magica, deriva dal latino valeo: sto bene.
Quando dirai a te stesso che puoi riconoscerti il giusto valore, mettendo in discussione tutti gli imperativi a cui hai creduto e che ti hanno imprigionato, allora starai bene, perché finalmente ritroverai te stesso.
Se ti riconosci in queste parole e senti che è il momento di iniziare un percorso verso la tua crescita personale, sono qui per accompagnarti. Il programma “Trova il tuo valore” ti offre gli strumenti per riscoprire chi sei e vivere una vita più autentica e appagante.
🌟 Clicca qui per scoprire i pacchetti o contattami per avere maggiori informazioni. Ogni grande cambiamento inizia con un primo passo, fallo insieme a me!