Come trasformarla in germoglio per sbocciare
“Insegnami. A non accontentarmi, a essere grata per ciò che è stato e a desiderare di più; a lasciare la strada battuta per inoltrarmi in sentieri sconosciuti, foreste e mari sconfinati. Insegnami. Che la solitudine non esiste se sono in compagnia di me stessa; a cambiare pelle rimanendo fedele alla mia anima.”
Margherita Roncone
Sono fermamente convinta che alla radice del malessere che attanaglia la nostra società odierna ci sia un grande senso di solitudine. Una distanza quasi tangibile tra gli esseri umani che, per quanto siano continuamente collegati dalle reti dei social e dalle infinite possibilità di contatti virtuali, restano isolati, profondamente soli.
La solitudine più grande, il vuoto più difficile da riempire in questi tempi così frenetici e stracolmi di ogni diversivo, è la mancanza di un contatto profondo con sé stessi, con la propria anima.
Disconnessi dalla nostra parte profonda, dalla nostra vera essenza agiamo i nostri giorni come fantasmi virtuali, incapaci di entrare in un contatto di pelle con i nostri simili.
Crediamo di vivere pienamente, in realtà ciò che facciamo è recitare una parte sul palcoscenico del tempo, cercando il consenso, l’applauso del più spietato dei giudici: noi stessi.
Come uscire dal buio della solitudine in cui ci costringiamo senza volerlo?
Potremmo incominciare a pensare di passare dal vivere all’esistere.
Vivere in fondo in cosa consiste? Nel nutrirsi e nel riprodursi, nel riempire gli istanti con mille attività, con il divertimento di facile consumo, con profumi, vestiti, automobili; con le tante manifestazioni di aggregazione che ci fanno sentire meno soli.
L’etimologia della parola esistere ci porta in tutt’altra direzione. Il verbo latino originario è formato dalla preposizione ex che significa fuori e dal verbo sistere che significa collocare, collocarsi, porre, per cui ex-sistere vuol dire venir fuori. Esiste chi viene fuori. Da che cosa? Dalla vita da fantasmi, dall’omologazione a tutti i costi che ci immobilizza nella solitudine più buia.
In questo articolo voglio guidarti alla scoperta della tua solitudine: quando nasce, come allunga i suoi tentacoli sul tuo cuore, le illusioni che crea perché tu possa alimentarla. E, soprattutto, voglio condurti al piccolo seme di luce e trasformazione che contiene: perché, a partire dalla solitudine, tu possa germogliare e diventare la tua primavera.
Indice dell’articolo
- Le radici della solitudine
- I tentacoli della solitudine
- L’illusione della solitudine
- Il germoglio della solitudine
Le radici della solitudine
Quando nasce la solitudine? Io credo che la sua ombra incominci a strisciare dentro di noi quando, da bambini, non ci sentiamo compresi, visti, amati dalle figure di accudimento.
Quando il carico di aspettative, soprattutto di quelle sottese e non verbalizzate, si fa troppo grande e finisce per schiacciare la vera natura di chi le subisce.
Quando nella testa di un bambino incomincia a formarsi la convinzione che per essere amato deve essere bravo, accondiscendente, ubbidiente, finendo per mettere a tacere le sue parti meno accettabili, alimentando il senso di inadeguatezza e i sensi di colpa.
Rispetto alla famiglia del passato, in cui vigevano ruoli molto rigidi e regole ferree, quella del nostro tempo potrebbe sembrare più autentica, perché improntata alla pari dignità e a un certo grado di libertà, variabile a seconda dei diversi contesti.
Eppure il contenitore famiglia, oggi, resta privo dell’elemento chiave per la crescita dei figli, per l’inclusione autentica di tutti i suoi membri al suo interno: il dialogo. Con dialogo, però, non intendo semplicemente il parlare, ma aprirsi davvero all’altro e permettere che l’altro entri dentro di noi.
Perché possa esserci un vero dialogo, a qualsiasi età, è fondamentale saper ascoltare. Cosa vuol dire? Significa mettersi al livello dei propri figli, raggiungerli nella loro essenza, spogliarli di tutti gli abiti che vorremmo fargli indossare per le nostre aspettative e vederli per quello che sono, così come sono.
Se un genitore non dialoga in questo modo con il proprio figlio, lo lascerà crescere da solo, trasformandolo nell’ombra di sé stesso.
Alla fine, in una famiglia in cui non si dialoga, restano tutti soli.
I tentacoli della solitudine
Se le radici della solitudine si trovano in una relazione non soddisfacente con le figure di accudimento, una volta divenuti adolescenti questa allunga i suoi tentacoli in tutti gli ambiti nella vita di un ragazzo.
L’adolescente di oggi è virtualmente connesso con il mondo, ma sempre più solo.
Spinto da un profondo senso di inadeguatezza cerca di adattarsi al gruppo, omologandosi per essere accettato, per avere il proprio posto nel contesto sociale. Ma in questo modo finisce per rinnegare sé stesso, alimentando una rabbia sorda e il vuoto interiore.
L’interazione tra coetanei diventa una pantomima in cui chi è più forte, ben vestito, strafottente o semplicemente sa imporsi di più sugli altri, diventa il modello da imitare; al contempo le interazioni virtuali finiscono per mettere un filtro sulle emozioni, che diventano difficili da decifrare.
I ragazzi del nostro tempo hanno un rapporto con le tecnologie massivo, pervasivo, distorsivo e questo, se da un lato li accomuna, dall’altro li isola sempre di più in una solitudine che è vuoto interiore. Di cosa hanno bisogno i ragazzi oggi? Di tornare a esistere, di venire fuori dagli stereotipi, dalle maschere, dai social che appiattiscono per tornare alla vita vera, fatta di pelle e di ginocchia sbucciate, di emozioni.
Hanno bisogno di essere visti davvero, nel buio profondo in cui si sono nascosti, che qualcuno gli tenda la mano e gli dica che tutto ciò di cui hanno bisogno è dentro di loro, ma bisogna illuminarlo con i propri sogni e i propri talenti. I ragazzi di oggi hanno bisogno di dar voce alla loro solitudine, perché smetta di essere un mostro dai mille tentacoli e diventi un’occasione per ritrovare sé stessi.
L’illusione della solitudine
Un adolescente lasciato da solo può diventare un adulto affamato, che cerca qualcuno da cui essere visto e si perde in relazioni tossiche e senza sostanza.
Quando si è spinti dalla solitudine a cercare una vita di coppia, si finisce per idealizzare l’altro, per illudersi che l’amore sia una favola con il lieto fine assicurato e per consegnarsi nelle mani del chiunque che capita. Con il risultato che ci si sente sempre più soli, ma diventa difficile rinunciare all’illusione e così ci si imprigiona.
Nel mio lavoro ho conosciuto tantissime persone prigioniere di un rapporto malato, nel quale non venivano viste, né rispettate, ma che preferivano trovare un modo per far funzionare la relazione tossica, piuttosto che affrontare una volta per tutte quella solitudine che le stava annientando dentro.
Il sentirsi soli in coppia è una sensazione più comune di quanto ci si aspetterebbe. La distanza emotiva, l’ambivalenza, le scarse interazioni, fino ad arrivare allo svilimento palese e alla manipolazione, sono tutte dinamiche che aumentano la sensazione di isolamento e la solitudine all’interno della coppia.
Più è grande il bisogno di intimità, appartenenza, condivisione in un individuo e più probabilità avrà di cadere nella trappola dell’illusione amorosa, perché idealizzerà l’altro senza vederlo davvero per quello che è.
Il germoglio della solitudine
Sono convinta che la risposta al grande dolore che il senso di solitudine arreca, sia dentro la solitudine stessa. Abbiamo bisogno di guardarla con altri occhi per cogliere il grande messaggio che può portare nella vita di ciascuno di noi.
Nella vita in famiglia, nella storia di un adolescente, nella relazione di coppia.
Se ti senti solo hai bisogno di tornare a prenderti per mano, per allontanarti da una vita fatta di niente e incominciare a esistere: fuori dagli schemi, fuori da ciò che gli altri vorrebbero che tu fossi, fuori dai modelli proposti da una società sorda al richiamo dell’anima.
La solitudine ti sta invitando a entrare nel vuoto esistenziale che avverti, per riempirlo con l’unico senso possibile: te stesso.
Come riuscire a trasformare il buio in un nuovo germoglio?
Con piccoli passi. Incomincia a smettere di scappare: evita di riempire il tuo tempo con mille attività per sottrarti al silenzio. Stai con quello che arriva. Non è facile, certo. Ma è l’unico modo possibile per incontrare davvero te stesso. Nel silenzio arrivano pensieri, emozioni che chiedono di essere ascoltati, senza giudizio, ma con compassione e tenerezza.
Immergiti nella natura, è maestra di vita. Ascolta il respiro delle piante, dei fiori, dell’erba e connettiti con la tua parte profonda, respirando in armonia con il creato.
Allontanati da chi ti ferisce, ti annienta, ti lascia da solo. Scegli il tuo cuore, non sprecare energie che puoi dedicare a te stesso per inseguire chiunque.
Rivolgiti parole gentili, anche quando pensi di essere troppo stanco per farlo. Ripeti a te stesso che tu vali e meriti di esistere, tu puoi essere la tua primavera.
Prenditi cura del tuo corpo, passeggia, balla, gioca come fossi un bambino. La solitudine si alleggerisce se ritrovi la tua innocenza, se ti riconnetti con la tua parte bambina.
E se hai bisogno di un sostegno, di una mano che ti aiuti a uscire dal buio, non esitare a chiedere aiuto.
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