“Vorrei poterti dire che andrà tutto bene, ma voglio dirti il vero, amore mio.
Non sempre i sogni si realizzano come tu li vuoi, a volte dovrai modellarli in base ai progetti che la vita ha per te, senza perderti o arrenderti.
Le notti potranno essere lunghe, senza luna né stelle
e dovrai imparare che la solitudine può essere una buona compagna.
A volte il mondo può diventare inospitale e il sole può smettere di scaldare,
ma bellezza e luce non saranno scomparse, se saprai cercarle dentro di te.
Perciò ascolta amore.
Sii sempre te stesso, conserva il tuo cuore buono,
esprimi ciò che pensi e mostra ciò che provi,
allenati a sognare, impara dai tuoi errori e abbraccia i tuoi demoni.
E ama.
Oltre tutto e tutti, credi sempre nell’amore perché è l’unica risposta.
Resta nell’amore, ogni giorno, sempre.”Margherita Roncone
Ci sono genitori che, seppur animati dalle migliori intenzioni, finiscono per trasformare i propri figli in “re” o “regine”, messi su un piedistallo da cui sembrano guardare il mondo come se tutto dovesse ruotare intorno a loro.
È un fenomeno più comune di quanto si pensi, e spesso prende forma in situazioni di grande vulnerabilità emotiva: come, ad esempio, una separazione difficile, un lutto, antiche ferite non elaborate, un momento di crisi personale in cui il figlio diventa il centro unico e assoluto della vita del genitore.
Indice dell’articolo
Una storia vera
Ricordo bene Laura, una mamma che ho conosciuto durante un percorso di counseling. Separata da poco, con una figlia di quattro anni, Laura era una donna sensibile e impegnata, ma completamente assorbita da un unico pensiero: non far mancare niente alla bambina.
Voleva compensare l’assenza, soprattutto emotiva, del padre, proteggerla da ogni dolore, ed era convinta che, per farlo, dovesse essere sempre e solo “presente”. Così, ogni gesto, ogni scelta, ogni conversazione era filtrata attraverso il bisogno di non deludere mai sua figlia.
All’inizio questa dedizione totale sembrava una forma di amore puro. Ma ben presto le dinamiche si complicarono.
La bambina, abituata a essere sempre al centro dell’attenzione, cominciò a pretendere di avere la madre tutta per sé, anche fuori casa: se Laura parlava con un’amica al parco, la piccola si metteva a piangere o la interrompeva in modo plateale; se qualcuno osava avvicinarsi e distrarre la mamma, la bambina si lamentava e faceva i capricci: “Non voglio che parli con nessuno, solo con me!” diceva spesso con tono perentorio.
Laura si sentiva intrappolata: aveva paura di ferire sua figlia e così finiva per cedere, alimentando ancora di più quel legame morboso e possessivo.
Questa storia è emblematica di ciò che accade quando un bambino viene messo su un piedistallo: non gli si insegna a riconoscere i limiti, a rispettare lo spazio dell’altro, a capire che non tutto è sempre a sua disposizione.
Crescendo, questi bambini rischiano di diventare piccoli tiranni: faticano a gestire la frustrazione, non tollerano i “no”, credono che l’amore significhi dedizione assoluta e incondizionata, e spesso proiettano queste aspettative anche nelle future relazioni, con amici, partner, colleghi.
Limiti e frustrazione
Donald Winnicot, famoso psicoanalista e pediatra, diceva: “Il compito di un buon genitore non è dare al bambino tutto ciò che desidera, ma fornirgli un ambiente sufficientemente buono in cui possa imparare a tollerare anche la frustrazione.”
E proprio la frustrazione è un ingrediente fondamentale per crescere: imparare che non possiamo avere sempre tutto, che gli altri hanno bisogni e limiti propri, che l’amore non è possesso, ma rispetto reciproco.
L’assenza di limiti, al contrario, priva i bambini di un senso chiaro dei ruoli: non imparano che un genitore è un adulto che ha il compito di guidare e proteggere, e che il bambino è un essere in crescita, con bisogni, ma anche con doveri e piccole responsabilità.
Senza questa chiarezza, i bambini si trovano a gestire un potere che non sanno maneggiare: diventano “piccoli adulti” incapaci di tollerare le regole del vivere insieme, e finiscono per sentirsi insicuri, ansiosi, spesso arrabbiati.
Come mostrano anche studi scientifici, come quello pubblicato sulla rivista Developmental Psychology (2001) da Diana Baumrind, l’assenza di limiti chiari può portare a una scarsa capacità di autoregolazione emotiva e a comportamenti oppositivi e provocatori.
In altre parole, i bambini a cui non vengono insegnati i confini diventano più impulsivi, meno capaci di gestire le emozioni e più propensi a sviluppare difficoltà relazionali.
Il compito degli adulti
Allora cosa possiamo fare come adulti? Dobbiamo avere il coraggio di dire no quando serve e mantenerlo con coerenza.
Dobbiamo insegnare ai bambini che l’amore non è fare tutto quello che vogliono, guidandoli a capire cosa è giusto per loro.
Dobbiamo accettare di non essere perfetti, che non è nostro compito evitare ogni sofferenza ai figli, ma aiutarli a sviluppare le risorse per affrontarla.
Perché solo così potranno crescere liberi, non intrappolati in un ruolo che non spetta a loro: quello di piccoli adulti o di giudici severi del nostro valore come genitori.
Il vero amore è fatto di cura, attenzioni, presenza, ma anche di confini.
È questo il dono che poi li accompagnerà, per tutta la vita.
Lettera a un figlio
Voglio dirti di sognare sempre.
Ma a occhi aperti e senza pretese, con l’umiltà di chi sa che il mondo non gira solo per lui.
Sogna, sapendo che ogni sogno ha bisogno di radici e che anche il più bel volo ha bisogno di vento, non solo di ali.
Voglio dirti di avere fiducia.
Ma una fiducia che non si trasformi in illusione di onnipotenza: che ascolta i no e ne fa tesoro, che accetta i limiti come confini preziosi, non come ostacoli.
Voglio dirti di dire ciò che senti.
Ma di farlo con rispetto, con la consapevolezza che le parole sono ponti, non muri e che il silenzio dell’altro può non essere rifiuto, ma spazio sacro.
Voglio dirti di credere nell’amore.
Ma non in quello che pretende e vuole sempre di più. Credi in un amore che sa aspettare, che cresce negli sguardi, nei gesti semplici, nelle pause e nelle diversità accolte e rispettate.
Voglio dirti di cercare la tua verità.
Ma non una verità che schiaccia gli altri o che pretende di essere l’unica. Cerca la tua voce, sapendo che ogni verità ha bisogno di confronto, di umiltà, di spazi condivisi.
Voglio dirti di vivere questa vita.
Ma non pensando che la strada sia sempre in discesa e che qualcuno la libererà da ogni ostacolo.
Vivi come una rondine che vola sapendo che il cielo è grande, che ogni tanto arriva la pioggia e che è bello cercare riparo insieme.
Vivi con gratitudine e slancio, con umiltà e compassione.
Voglio dirti di rischiare.
Ma non per capriccio o per dimostrare qualcosa a qualcuno. Rischia per crescere, per diventare pienamente te stesso, senza pretendere che il mondo ti stia sempre dietro.
Voglio dirti di scommettere su di te.
Ma sapendo che la vera forza non sta nell’essere sempre il primo, piuttosto nell’impegno che metterai in ogni passo.
Impara dalle cadute, benedici gli inciampi e i confini che ti hanno permesso di capire chi sei e cosa vuoi davvero.
E amati.
Così come sei e come vorrai diventare, ogni giorno, in ogni respiro.
Impara a stare in piedi da solo, incamminati verso la tua vita e, poi, spicca il volo più bello.
Margherita Roncone
Se senti che questo tema ti riguarda da vicino — come genitore o figlio — e desideri intraprendere un percorso di consapevolezza che ti aiuti a ritrovare il tuo equilibrio e il tuo valore autentico, inizia da qui:
Scopri il percorso “Trova il tuo valore” con Margherita Roncone