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Il potere della fragilità

Essere umani vuol dire essere fragili. Vuol dire essere vulnerabili, indifesi, anche davanti alle piccole cose. Anzi, forse sono proprio le banalità dolorose, i piccoli inciampi, le delusioni piccole ma inaspettate a farci riscoprire più fragili. Perché nelle avversità gravi ci si mobilita e spesso si riceve aiuto. Ma nei piccoli mali spesso siamo soli. E fragili.

L’etimologia della parola riconduce al latino frangere, rompere, spezzarsi, andare in frantumi. Quante volte dobbiamo raccogliere i cocci in cui ci frantumiamo? Più cerchiamo di tenerci interi indossando maschere e adeguandoci a modelli imposti, più franeremo dentro. Perché rifiutando la nostra fragilità, rifiutiamo noi stessi. 

Voglio incominciare questo articolo con un estratto dal brano di Ultimo, il ballo delle incertezze:

mi chiedi perché sono fragile

sono diverso forse

Ero un bambino e stavo in cortile,

respiravo piano.

Ho sempre rinchiuso vita e sogno

Nel palmo della mano.

In queste parole credo sia racchiuso il senso della fragilità: il sentirsi diversi e respirare piano per non sembrarlo; rinchiudere i sogni e la vita stessa in una mano, per non affrontare le proprie paure. Ma la fragilità ha anche un grande potere. Lo scopriamo insieme.

Indice dell’articolo

Folle colui che si crede al riparo. Io non cerco un riparo. Cerco quello che succede quando non si è più protetti e non si ha più paura di niente.

Christian Bobin

Sto bene: la bugia che dici più spesso

Quante volte, alla domanda: “Come stai?” ci sentiamo rispondere quasi in automatico: “Sto bene”. E magari dentro abbiamo il caos. Come se ammettere che in realtà niente va bene, ci facesse sembrare deboli o non importasse davvero. Viviamo in una società in cui ci viene costantemente propinata l’idea che a vincere è il più forte, il più bello, il più fortunato.

Dire apertamente di stare attraversando un momento difficile ci confina nell’angolo stretto e buio degli sfigati, dei deboli. Ma davvero a vincere è sempre il più forte? E può esserci una vita in cui non ci siano difficoltà, problemi o preoccupazioni? Facile rispondere vero?  In molte delle favole Disney non è il più figo a trionfare, ma chi mostra le proprie fragilità e le trasforma in risorsa. E una vita senza intoppi è pura fantasia. Allora perché ci ritroviamo a mentire con quelle due piccole parole che nascondono un mondo, il nostro mondo?

Siamo figli di un tempo in cui siamo chiamati a essere, o almeno a sembrare, invincibili, non scalfibili da niente e da nessuno, perfetti. Ci siamo ammalati di una malattia che lacera l’anima e la costringe alla solitudine: l’impeccabilità. Tutto deve corrispondere ai paradigmi della perfezione, rientrare in canoni precisi e in programmi prestabiliti.

Ci convinciamo che per essere felici dobbiamo raggiungere determinati traguardi; salvo poi sentirci dilaniati tra la paura di fallire e il bisogno di assecondare le aspettative. In più la vita ripetutamente ci prende a schiaffi, per risvegliarci dall’illusione di poter gestire e controllare tutto.

Ciò che dovremmo inseguire, però, non è la chimera di un’esistenza perfetta, in cui vestiamo i panni dell’eroe di turno, costretto nel finale a perdere i propri poteri e risultare niente più che umano. Ciò che dobbiamo pretendere è di stare bene davvero.

Da chi possiamo pretenderlo? Da noi stessi.

Non rifiutarti

Guardati. Adesso. E domandati se stai bene. Risponditi con la sincerità disarmante dei bambini. Perché spesso, troppo spesso, da quando siamo diventati adulti ci alziamo la mattina indossando già una maschera, per interpretare il ruolo che abbiamo pensato possa risultare vincente o che ci hanno imposto; per recitare un copione che dovrebbe farci stare bene, ma che in realtà ci sta privando del colore e della passione, della vita.

Ci raccontiamo bugie su noi stessi: su chi siamo, su cosa vogliamo, su ciò che potrebbe renderci felici, perché di continuo confondiamo la felicità con il successo. E il prezzo da pagare è rinnegare la nostra essenza, pur di non restare soli. 

Ho conosciuto Antonella qualche anno fa, una bellissima ragazza di ventuno anni che non riusciva più ad alzarsi dal letto, aveva rinunciato a vivere. Perché? Perché aveva cercato con tutte le sue forze di sembrare ciò che i suoi genitori le avevano imposto di essere: perfetta. Sua madre e suo padre avevano scelto per lei l’indirizzo di studi, le amicizie che doveva frequentare, lo sport da praticare nei pochi momenti di svago. E Antonella aveva voluto essere come la desideravano, aveva impegnato ogni grammo di energia, ogni respiro per non deludere le aspettative.

Ma non stava bene. Un giorno alla volta si è spenta, fino a rinunciare alla vita. Quando ci siamo viste a casa sua, il nostro primo incontro si è svolto con me che parlavo ad una coperta, perché non voleva ascoltarmi. Non voleva rispondere alla domanda: “Come stai?” 

C’è voluto tempo perché incominciasse a riconoscersi. Ancora più tempo perché smettesse di rifiutarsi. E sta ancora imparando ad accettarsi, per amarsi.

Tu dove sei? Sotto quale coperta stai nascondendo la tua fragilità?

La fragilità rifà l’uomo

La fragilità rifà l’uomo, dice lo psichiatra Vittorino Andreoli, perché è un’opportunità da non sprecare. Ci consente di guardarci dentro, di riportare l’attenzione sul nostro cuore, di ripensare alle nostre passioni, a chi siamo e dove stiamo andando. E, cosa meravigliosa, ci aiuta ad essere consapevole dei nostri limiti e delle nostre debolezze, scoprendo l’importanza dell’umiltà.

La fragilità ci protegge dalle illusioni di onnipotenza, dalla convinzione di essere infallibili e, quindi, dall’annientamento, quando cadendo scopriamo di non esserlo. Riconoscerci fragili ci apre alla comprensione per le fragilità altrui, ci fa sentire meno soli, ci apre al mondo.

Accogliere la fragilità ci rende umani in un mondo più umano, dove niente è perfetto, ma tutto in continuo divenire e le cadute possono dare più slancio, soprattutto se ci sono mani da stringere per rialzarsi. Quando ti senti rotto, quando non stai bene, quando sei ferito e stanco, non nasconderti.

Stai con ciò che senti e cogline la grande opportunità. Riconoscendo la tua fragilità ti dai il permesso di essere te stesso, finalmente LIBERO. È ciò che scrive Ultimo in un’altra parte del suo testo: Il ballo delle incertezze.

Sono presente ancora oggi al ballo delle incertezze

dove ti siedi e più sei poco e più ti senti grande

Incontro me stesso e poi gli chiedo se vuole ballare

Ferma la musica che il silenzio adesso sa parlare.

Il potere della TUA fragilità

Nella vita tutto può accadere. Ciò che non ti aspetti, ciò che non vuoi, ciò che non hai programmato. 

E ti segnerà. Perché sei fragile, perché sei vivo, perché sei chiamato a metterti in gioco.

Potrai essere ferito fisicamente, mentalmente, nello spirito.

Tutto ciò che accade, che cade sulle tue spalle senza che tu lo abbia scelto o chiesto, ti segnerà.

Ma sei tu a decidere come.

Hai due strade. Una è fingere di essere intero, mentre frammenti di te vagano alla deriva.

L’altra è accogliere la tua fragilità e riconoscerti, cogliere l’opportunità di ascoltarti, per accettare ciò che non hai scelto di vivere e trasformarlo.

Ogni volta che sei ferito, ogni volta che ti senti rotto, puoi fare una scelta: scomporti in mille pezzi e restare a terra mentre continui a dire: “Sto bene”; 

oppure ricomporti e afferrare l’opportunità di diventare più vero, più resiliente, più autentico, più integro. 

Puoi scegliere di diventare migliore. Soltanto tu puoi metterti in gioco per capire chi sei e puoi farlo soltanto attraversando la tua fragilità. Allora lancia il cuore oltre le paure, il bisogno di apparire perfetto, le delusioni, il senso di impotenza, la sfiducia. Portati oltre. Apri il palmo della mano e libera i sogni e la vita. Puoi farlo, perché tutto il potere è in ciò che sei!

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