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Counseling per te: TRAdire e Amare

“Quanto più lo ripeti ‘ ti amo ’, più si consuma, è cera che scende a gocce e smoccola, sporca a terra”

Giulia Caminito

Affrontiamo un tema vecchio quanto il mondo, eppure sempre estremamente attuale: il tradimento e se è possibile tradire quando si ama.

Partiamo da un concetto fondamentale: esiste una grande differenza tra il “dire l’amore” e “Amare”. Dire “ti amo” non è sinonimo di un amore autentico.

Queste due parole troppo spesso si consumano a forza di essere soltanto pronunciate, fino a diventare sbiadite e senza contorni, fino a non avere più senso. Se restano sulla bocca e non si sostanziano in un “fare”, se non vengono calate nella vita concreta con piccole o grandi scelte quotidiane, restano vuote. Tra il dire l’amore e amare c’è una scelta, che parte da sé stessi e si dirige verso l’altro per accoglierlo nella sua verità. Se questo passaggio si blocca o viene trascurato, restiamo sospesi nel limbo di rapporti senza sostanza, finanche tossici. Bisogna imparare l’amore, incominciando proprio da sé stessi, distinguendolo da passioni e innamoramento, dalla idealizzazione al limite dell’annullamento e da tutte le imitazioni di facile consumo.  

Cosa può insinuarsi tra il semplice dire l’amore e l’amare? Il tradimento.

Indice

Dire l’amore e agire l’amore

“Amare è saper dire “ti amo” senza parlare”

Victor Hugo

Tra il dire l’amore e l’agire l’amore, può cogliersi la stessa differenza che esiste tra l’innamoramento e l’amore. Sono due universi che possono intersecarsi, oppure non sfiorarsi nemmeno. 

Quando ci innamoriamo siamo pervasi da un senso di euforia, il cervello incomincia a rilasciare dopamina, noradrenalina e feniletilamina, un cocktail chimico che induce uno stato di forte eccitazione. Siamo attratti dall’altro fino al limite dell’ossessione e dirgli continuamente “ti amo” è il modo più immediato che abbiamo per trasmettergli la nostra adorazione. Al cocktail chimico esplosivo, infatti, si aggiunge l’ossitocina, detto anche ormone dell’amore, che stimola sentimenti di tenerezza e calore e favorisce l’instaurarsi di una relazione sentimentale.

Quando ci innamoriamo, però, in realtà non stiamo guardando l’altro per quello che è realmente: lo idealizziamo e cerchiamo in lui una risposta ai nostri bisogni profondi. Questo meccanismo si rifà alla idealizzazione delle figure di attaccamento: trasferiamo sul partner tutta una serie di qualità e di speranze che da bambini riponevamo nei nostri genitori, credendoli perfetti. Ma se l’idealizzazione dei genitori è utile, in una prima fase della nostra vita, perché crea la fiducia di base per una sana consapevolezza di sé, può essere pericolosa nell’innamoramento.

L’idealizzazione ci rende fragili, vulnerabili, perché tutto ciò a cui attribuiamo valore è nell’altro. Poiché siamo abituati a credere che l’amore sia un miscuglio si sensazioni che l’altro ci fa provare, tendiamo a dire “ti amo” a chi provoca in noi delle risposte emotive, confondendo così innamoramento e amore. Ma, come ben spiega Fromm, così confondiamo il sentimento con l’attaccamento, con l’impeto iniziale di passione, con le farfalle nello stomaco e l’idealizzazione di uno stato.

Ma l’amore non è semplicemente l’emozione che l’altro ci provoca e ci spinge a dirgli “ti amo”: è, invece, qualcosa che ci spinge a un fare, ad agire. Se l’innamoramento è uno stato d’animo, l’amore è una azione, ha bisogno di essere messo in atto attraverso delle scelte, nella quotidianità. Certo, innamoramento e amore possono essere due fasi di una evoluzione nella storia della coppia, ma non tutti riescono a trasformare l’idealizzazione iniziale in una scelta consapevole, vedendo l’altro per quello che è e accettandolo così come è. 

In un periodo che oscilla tra i diciotto e i venti mesi, infatti, il cervello si assuefà al cocktail di sostanze chimiche e non reagisce più come prima. Cosa accade a questo punto? 

Può succedere che i “ti amo” si svuotino di senso e di sostanza, aprendo magari la porta al tradimento, oppure che si incominci ad Amare. Come? Scegliendo di impegnarsi, per conoscersi davvero e accogliersi nella diversità, per progettare e condividere la vita.

Tradire

L’etimo della parola tradire ha radici latine: significa dare, consegnare al nemico. Nella sua accezione originaria sembra connotarsi di una sfumatura molto fisica: mettere qualcosa nelle mani di un’altra persona, un nemico o, metaforicamente, mettere sé stessi nelle mani dei propri blocchi emotivi, degli inutili sensi di colpa o delle paure.

Nel suo dignificato più moderno, il tradimento è un venir meno a un obbligo. E qui entra in gioco un concetto fondamentale, un valore che ha, nel nostro tempo, un peso molto diverso dal passato: la libertà. Chi può definire un obbligo, chi può limitare la libertà di qualcuno, nella sua sfera privata, affettiva e intima, imponendogli doveri e restrizioni? Sappiamo che il vincolo matrimoniale non è più sufficiente in questo senso. Neanche le fiabe dell’amore eterno risultano adeguate a investire un sentimento di obblighi.

Allora, con questa chiave di lettura, il tradimento cosa diventa? Conserva ancora la sua forza annichilente e i suoi connotati di condanna sociale e, prima ancora, morale?

Sicuramente continua ad avere un impatto emotivo che è paragonabile a uno tzunami e richiede tempi di elaborazione simili a quelli di un lutto: chi viene tradito, ma anche chi tradisce, deve fare i conti con una parte di sé che muore definitivamente, perché, a partire da quel momento, nulla sarà come prima.

E questo non è detto che sia un male.

Sangeet afferma che il tradimento è un raggio laser che salva dalla cecità, la scossa interiore per vivere con intensità, navigando a vista.

So che potrebbe sembrare da folli considerare il tradimento come un’opportunità di crescita, per la relazione, ma soprattutto per sé stessi. Eppure io ci credo: non soltanto perché accompagno chi si affida a me nel counseling alla elaborazione, ma per averlo sperimentato nella mia storia personale. 

A partire da un tradimento che ha stravolto la mia vita, sono stata costretta a rivedere i miei bisogni, a confrontare i sogni nei quali ancora mi nascondevo con la realtà, a dare una priorità ai miei valori. Non è stato facile. Perché ho dovuto guardare l’altro nella sua imperfezione e capire cosa volevo davvero per me stessa: chi potevo e volevo diventare a partire da quell’evento. È stato come affrontare un lutto: le aspettative e i sogni si sono spezzati e le illusioni sono morte. Ma ho piantato il seme di una nuova fiducia in me stessa e ho incominciato a navigare a vista.

Sei mai stato tradito? Puoi immaginare il tradimento come una spinta a vivere pienamente la TUA vita?

La più grande forma di tradimento: tradire sé stessi

“Il vero tradimento non è avere un’altra persona, ma essere un’altra persona”

losca71

Si può tradire ed essere traditi in tantissimi modi. Ritengo, però, che la più grande forma di tradimento sia quella che perpetuiamo ai danni di noi stessi, quando ci distacchiamo dal nostro sentire, dai nostri bisogni profondi, dall’intuito. 

Quando ci consegniamo nelle mani degli altri: genitori, amici, partner, amanti, insegnanti, e accettiamo ciò che hanno scelto per noi, ciò che si aspettano da noi, rinunciando così, alla nostra essenza. 

Quando non ci diciamo la verità e preferiamo mentirci e mentire, indossando maschere e coprendo la nuda pelle con strati e strati di corazze, pur di non diventare pienamente noi stessi.

 È facile sentirsi spinti a questo tradimento: viviamo in una società basata sull’apparire, su rapporti usa e getta e il valore di una persona viene misurata sul guadagno o sul successo. 

E così finisci per abbassare la testa e seguire il sentiero tracciato. Certo, è faticoso cercare nuovi percorsi, sperimentarsi in modo nuovo per imparare a conoscersi. Eppure, è l’unico modo per restare fedele a te stesso. Pensaci bene: se indossi una maschera e agisci la tua vita sulla base di un ruolo, qualsiasi relazione intraprenderai sarà falsata. Porterai avanti progetti che non ti appartengono, ti accontenterai di legami che non ti nutrono, ti ritroverai solo anche in mezzo a mille persone. Perché ti mancherai sempre. Questo è tradire sé stessi. 

Un giorno, si è seduto di fronte a me un uomo, in consulenza. Aveva quarantatrè anni, una posizione di rilievo nella società di famiglia, che sarebbe diventata la sua, quando avrebbe dovuto succedere al padre. Da qualche tempo soffriva di ansia e di una strana forma di dermatite che non aveva trovato una spiegazione medica. La sua vita sembrava perfetta: viaggiava, aveva una gran bella macchina e una relazione serena. Ma stava tradendo sé stesso.

Da ragazzo aveva rinunciato ad un percorso di studi che lo avrebbe portato in tutt’altra direzione rispetto al lavoro in società e, anno dopo anno, giorno dopo giorno, si era convinto che quella fosse la sua strada. Salvo poi a non riconoscersi più. Ci è voluto coraggio e quel pizzico di follia che serve per ricominciare, per diventare persone vere e VIVE, fedeli a sé stesse. Oggi non soffre più di dermatite e si è inventato una vita nuova, è felice.

Si può tradire e amare?

Si può amare e tradire? Se ci pensi, non c’è amore senza il rischio di un tradimento, così come non c’è tradimento se non all’interno di una qualche forma di relazione. Infatti, a tradire non possono essere gli estranei, ma gli amici, i fratelli, le mogli, i compagni di vita. Possiamo essere traditi soltanto da chi, un giorno, abbiamo investito di fiducia e sentimenti.

Quindi amore e tradimento sono profondamente intrecciati. 

Ma, laddove amare, come abbiamo visto, è un insieme di azioni “verso” (l’altro, noi stessi, il mondo), tradire è un “allontanarsi da”: è, in tutte le sue forme, un venir meno alla propria coscienza, uno svincolare davanti a fiducia e sincerità.

Si può tradire in diversi modi e per diverse ragioni, eppure, il tradimento è sempre una fuga da qualcosa, il venir meno a una forma di responsabilità intima, interiore.

Se l’amore si sostanzia in scelte quotidiane che si trasformano in azioni, nella cura reciproca a partire dalle piccole cose, tradire diventa la negazione di quell’agire, un brusco interrompersi di progettualità e direzione condivise.

Allora il tradimento segna la morte dell’amore?

Non è una conseguenza così automatica. La risposta è nella storia personale di ciascuno. Di sicuro, segna un passaggio. Ma soltanto tu, se stai tradendo o se hai subito un tradimento, puoi sapere dove ti porterà. 

La prima domanda che puoi farti è se sia davvero Amore quello che ti lega all’altro. Perché non basta dire “ti amo”, non è sufficiente avere le farfalle nella pancia e gli ormoni in subbuglio. È necessario conoscere sé stessi e guardare l’altro per quello che è, quando si sceglie di amare.

La seconda domanda è che senso può avere quel tradimento. Perché, anche se ti sembra assurdo, può contenere delle verità che non eri pronto a vedere, e può spingerti ad un cambiamento che, prima, non eri pronto ad affrontare. 

La terza e forse la domanda più importante è: tu sei fedele a te stesso? Perché fino a quando non riconoscerai e non onorerai profondamente chi sei, ciò che ti accadrà sarà la conseguenza diretta delle menzogne che ti racconti, e che racconti all’altro.

Fra tradire e amare, ci sei tu, scegli di incominciare da te: per riconoscerti, per guardare ciò che ti accade in modo nuovo, per diventare consapevole dei tradimenti che agisci, soprattutto contro te stesso, e per affrontare quelli che subisci o fingi di non vedere.

Per tornare a prenderti per mano e, finalmente, vivere.

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