“È impossibile trasformare le tenebre in luce e l’apatia in movimento senza emozione”.
Carl Gustav Jung
Sono le emozioni a cambiare la vita delle persone.
Così autentiche e semplici, sono le emozioni a guidarci più di quanto possiamo immaginare: ci riconnettono all’essenza di noi stessi, alla forza vitale che è in noi da sempre.
La mia stessa vita si è trasformata grazie al potere delle emozioni e assisto quotidianamente, nel mio lavoro, alla grande magia che accade quando la relazione con le emozioni può essere riaperta, accolta e vissuta.
Le emozioni influenzano le nostre scelte, la biochimica del nostro corpo, i nostri pensieri, le azioni, le risposte del sistema immunitario: senza emozioni il nostro intero sistema non potrebbe esserci.
Riconnettersi con le emozioni vuol dire riconnettersi con la propria natura profonda, ma anche con tutto ciò che ha plasmato la nostra specie, il nostro albero genealogico, lo sviluppo di ogni nostra cellula in relazione con il mondo esterno.
L’etimologia della parola ci riporta al termine latino emovere, formato da ex che significa “fuori” e movere, cioè “portare”.
Ogni emozione è una risposta interna, psicobiologica, a ciò che accade intorno a noi, ci segnala che qualcosa cambia e ci permette di adattarci al cambiamento attraverso modalità che non decidiamo consapevolmente, ma che sembrano esistere già in noi.
È come se l’esperienza vissuta ridestasse in noi, attraverso l’emozione, un sapere intuitivo e profondo già presente nella nostra anima.
Indice dell’articolo
Il potere delle emozioni: il sentire
Le emozioni ci parlano di un Sé ancestrale, antico, inconscio e precedente alla razionalità: abbiamo un cervello emotivo istintivo, atavico, che è in relazione continua con ogni nostra parte e che ci svela di noi molto più di quanto possiamo immaginare.
Questa natura emozionale, presente in noi sin da subito, da sempre, parla un linguaggio fatto di sensazioni e di immagini, non segue i dettami della logica razionale. Ci mette in comunicazione con il nostro cuore selvaggio, con il bambino in noi e con tutto ciò di cui siamo fatti ma di cui non abbiamo memoria.
Non possiamo fare a meno di provare emozioni e non possiamo decidere razionalmente quale emozione sperimentare.
Ma c’è una grande differenza tra provare un’emozione e sentirla. Sentire le emozioni ha a che fare con il riconoscerle e dare loro voce, lasciarci guidare dal loro richiamo trascendente che ci riconduce all’anima e che si manifesta attraverso il corpo.
Ogni volta che ci allontaniamo dal sentire, ci allontaniamo dall’essere, perché quando fuggiamo dal sentire, fuggiamo dalla nostra parte più autentica, selvaggia e antica. Se vogliamo una vita piena e vera, dobbiamo incominciare a sentire le nostre emozioni, trovando il coraggio di non nascondere più i nostri reali sentimenti, rendendoci liberi.
Feel and deal è un’espressione che rende molto bene questo concetto: è un invito a restare aperti e disponibili verso ciò che si sta provando per poi trovare un modo per esprimerlo nell’azione.
Le emozioni, infatti, quando sono accolte e trovano risonanza e attenzione dentro di noi ci guidano, come una bussola interiore, verso ciò che è meglio per noi e ci allontanano da ciò che ci danneggia.
Il nostro malessere, il disagio esistenziale parte da qui: dall’aver costruito, giorno dopo giorno, mura sempre più alte per proteggerci dal sentire.
Temiamo il sentire perché ci espone al rischio del dolore, perché ci costruiamo una realtà immaginaria nella testa e non vogliamo modificarla, perché ci intorpidiamo e ci mascheriamo pur di apparire invulnerabili. Ma le difese che alziamo contro il sentire sono tagli inflitti all’anima che si ammala e costruisce ansie e depressioni per riportarci alla compassione e al sentire.
Le difese che costruiamo
Sono le difese che alziamo contro il sentire che creano i sintomi del malessere. Per questo è necessario diventare consapevoli delle proprie difese per interromperle, per darsi il permesso di accogliere e stare con le emozioni che arrivano.
Perché continuiamo a difenderci dalle emozioni invece? Abbiamo imparato a farlo quando eravamo bambini, quando abbiamo cercato di proteggerci da una realtà che ci feriva, quando abbiamo voluto preservare l’equilibrio della relazione con i nostri genitori.
Da adulti ripetiamo il passato, rinunciando così a cogliere la grande opportunità di cambiare la nostra storia personale, aprendoci alla possibilità di scegliere il nostro presente e diventando noi stessi la causa del nostro malessere.
Le difese che sono state di aiuto al bambino, se assolutizzate e generalizzate, diventano ostacoli all’adulto per una vita libera e piena, perché gli impediscono di vedere la realtà in tutte le sue sfaccettature.
Spesso, per difenderci dalle ferite del passato, ci sottraiamo al sentire nel presente alterando il modo in cui vediamo o interpretiamo la realtà. Anna Freud ha individuato quattro strade per negare la realtà:
- Negare l’evidenza di un fatto.
- Prestare attenzione a una fantasia invece che alla realtà.
- Credere alle parole di un altro piuttosto che a ciò che si sente.
- Comportarsi come se niente fosse.
Quando una persona si ritrova in balìa di questo genere di difese, controlla il suo sentire in modo disorganizzato: proietta parti di sé negli altri, ha comportamenti regrediti, somatizza, diventa impulsivo o avvia una serie di dipendenze, perde la possibilità di distinguere la realtà dalla fantasia.
L’unica strada per riportarsi a sé stessi è tornare a connettersi con il proprio sentire: accogliere e permettere alle emozioni di muoversi dentro di noi ci dona il coraggio della verità, che supera gli attaccamenti e le paure e punta dritto all’essenza.
Sentire il dolore
La sofferenza proviene dalla perdita del contatto con la nostra parte profonda e della connessione con la vita.
Più fuggiamo da noi stessi e più ci ammaliamo.
Quando la realtà esterna ci ferisce, quando tornano a sanguinare antiche ferite, il modo più immediato in cui ci difendiamo è proprio questo: interrompere il sentire fuggendo da noi stessi.
Ma in questo modo alimentiamo la nostra sofferenza che non coincide con il dolore, è, all’opposto, il rifiuto del dolore.
Avere il coraggio di stare male, di fare spazio al dolore senza mascherarlo, senza evitarlo, ci libera dai ruoli, dagli obblighi.
Il dolore nella vita è inevitabile. Siamo chiamati ad affrontare abbandoni, tradimenti, lutti, malattie; la sofferenza che nasce dall’evitamento di queste esperienze, invece, è opzionabile.
Quando ci difendiamo dalla realtà, con tutte le esperienze che ci chiama ad affrontare, rinunciamo a vivere. E lo facciamo in tantissimi modi: ci critichiamo e diciamo a noi stessi di non meritare diventando depressi; alimentiamo le paure soccombendo all’ansia; costruiamo castelli nella nostra testa cadendo in relazioni tossiche e disfunzionali.
A nessuno capita di avere la depressione o l’ansia o un legame tossico, ma costruisce la depressione o l’ansia, sceglie una relazione disfunzionale attraverso le proprie difese dal sentire, giorno dopo giorno.
Soltanto tornare in contatto con sé stessi può porre fine alla sofferenza. Per farlo è necessario affrontare ciò che fa paura sentire: lasciare che il dolore canti dentro di noi, che ci plasmi e ci trasformi in ciò che siamo profondamente.
Tante pillole di esperienza e conoscenza offerte con semplicità e trasparenza di linguaggio.
La mente è capace di mentirci, se siamo innanzitutto noi a volerlo.
Buona serata, infaticabile dottoressa, Margherita.