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La trappola della positività tossica

Quando il “tutto bene” soffoca l’anima

“Mi viene in mente che ho sorriso senza sole
volendo piangere senza ragione
ho riempito di sale ogni lacrima
pur di non vederla rotolare giù.

Mi viene in mente, ora che ricordo il mio nome, 
che dovevo tenermi stretta
per lasciarmi andare
e liberamente diventare”

Margherita Roncone

C’è un luogo, dentro ognuno di noi, dove tutto può essere accolto. È come un grande mare che con-tiene. Tiene con sé ogni emozione: il dolore, la gioia, la rabbia. Anche il vuoto.

Ed è proprio lì che inizia la nostra essenza, che origina la nostra voce. Troppo spesso, però, nascondiamo a noi stessi quella profondità, la evitiamo e la mascheriamo dietro una superficie immobile, che ci imprigiona.

È soltanto quando entriamo in quel mare e ci diamo il permesso di stare con quello che c’è, che possiamo liberare la nostra luce. Quella che non brucia, ma riscalda. Che non finge, ma illumina.

Indice dell’articolo

Sotto la maschera dell’ottimismo: cos’è la positività tossica?

Viviamo in una cultura che ci spinge a “pensare positivo” a tutti i costi. Una cultura che confonde la resilienza con il rifiuto del dolore, la luce interiore con un sorriso forzato, la crescita personale con frasi motivazionali fuori contesto.

La positività tossica è questo: una maschera di ottimismo che ci impedisce di sentire davvero. Un “va tutto bene” pronunciato anche quando dentro si sta crollando. Un “ci sono cose peggiori” che svaluta il dolore personale. Un “sii grato” che ignora le ferite ancora aperte.

I segnali della positività tossica:

• Ti senti in colpa quando provi emozioni spiacevoli (tristezza, rabbia, ansia).

• Reprimi i tuoi stati d’animo perché “non è il momento” o “non vuoi essere un peso”.

• Ti forzi a mostrarti sempre forte, sorridente, ottimista.

• Ricevi (o dai) consigli tipo “pensa a chi sta peggio”, “vedrai che passa”, “tutto accade per un motivo”, senza reale ascolto.

Dietro queste frasi c’è spesso una paura: paura di essere vulnerabili, di non essere accettati, di perdere il controllo. Ma negare le emozioni non ci rende più forti. Ci rende più soli. ci allontana da noi stessi e da ciò che siamo chiamati a essere.


Onorare tutte le emozioni: il primo passo per ritrovare sé stessi

Come scrive Stefania Brucini ne “La forza nascosta dei piccoli cambiamenti”, la trasformazione non avviene quando ci imponiamo un cambiamento spettacolare, ma quando iniziamo ad ascoltare davvero. A piccoli passi. Anche e soprattutto le emozioni scomode.

Ogni emozione ha una funzione evolutiva:

• La rabbia segnala un confine violato.

• La tristezza accompagna i passaggi di perdita e ci invita a lasciare andare.

• La paura protegge, ci chiama alla prudenza o al coraggio.

• Il disagio è la bussola che indica che qualcosa dentro ha bisogno di attenzione.

Solo entrando in contatto profondo con ciò che sentiamo, possiamo attivare risorse interiori vere. Non finte reazioni automatiche. Non forzature spirituali. Ma strumenti emotivi integrati, autentici, profondi.

La vera luce interiore non nega l’ombra, la accoglie.

Perché la luce interiore è la capacità di attraversare il buio senza perderci, di entrare nel mare profondo in noi senza opporsi alle correnti, ma restando nel flusso e cogliendone il potenziale.

Massimo Giusti, nel suo libro “Sempre mezzo pieno”, invita a riscrivere la narrazione del bicchiere mezzo pieno: non come un tentativo forzato di ottimismo, ma come un allenamento alla consapevolezza. Non sempre il bicchiere è pieno. A volte è solo mezzo. Ed è già tanto. Altre volte è vuoto, e serve il coraggio di guardarlo.

Essere autentici significa proprio riconoscere il vuoto, non negarlo, non evitarlo o nasconderlo.

Significa dirsi: “Oggi non sto bene. E va bene così. Mi prendo cura di me da qui, senza giudizio.”

Solo così possiamo sviluppare una resilienza vera, che non esclude, ma include. Che non taglia fuori le emozioni scomode, ma le abbraccia.


Da dove ricominciare? Tre passi per uscire dalla trappola della positività tossica

Per uscire dalla trappola della positività tossica dobbiamo accedere alla forza nascosta nei piccoli cambiamenti, al valore dei piccoli passi, al potere curativo delle piccole accettazioni quotidiane delle nostre emozioni.

Accogliere la tristezza, la rabbia o la paura non significa crogiolarsi in esse, ma piuttosto dar loro spazio per essere sentite, comprese ed elaborate. Solo così possono trasformarsi in strumenti di crescita. È un processo di auto-compassione che ci permette di affrontare le sfide con maggiore resilienza.

Puoi incominciare con questi tre piccoli passi:

1. Sii testimone gentile di te stesso.

Inizia a osservare cosa senti senza etichettarlo come giusto o sbagliato. Non c’è nulla di sbagliato nel provare paura, noia, rabbia o insicurezza. Sono solo messaggi. Non servono giudici interiori, ma testimoni amorevoli.

2. Datti il permesso di sentire. Tutto.

Non sei debole se piangi. Non sei sbagliato se ti senti vuoto. Sei vivo. E ogni emozione sentita è un atto di verità.

3. Cerca spazi e relazioni dove puoi essere autentico.

Circondati di persone che non ti chiedono di “tirarti su”, ma che restano con te, anche nel buio. E se non ci sono ancora, sii tu il primo a creare uno spazio così: anche solo per te, dentro di te.

Integrare tutte le sfumature del nostro essere, riconoscendole e lasciandole affiorare, ci permette di costruire una ricchezza interiore che è una risorsa inestimabile. 

Dare respiro al tuo mare interiore, ai suoi moti, alle correnti, alla vita profonda e sincera che contiene, ti renderà libero e autenticamente te stesso.


Hai bisogno di uno spazio sicuro per accogliere tutte le tue emozioni, anche quelle più scomode?

Con il percorso Trova il tuo valore puoi imparare a stare con ciò che senti, trasformando ogni emozione in un’opportunità di crescita.

Smetti di fingere di stare bene: inizia a volerti bene davvero.
Scopri il tuo valore, a partire dalla verità che abita dentro di te.

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