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Le fasi emotive della separazione

Io penso che alla fine tutta la vita non sia altro che un atto di separazione, ma la cosa che crea più dolore è non prendersi un momento per un giusto addio.”

Dal film “La vita di Pi”

Nei lunghi anni di lavoro con le famiglie, ho incontrato diverse coppie che hanno attraversato l’esperienza separativa. Per qualcuno è stato più facile separarsi, qualcun altro ha avuto bisogno di so-stare più a lungo nelle fasi di elaborazione e di un sostegno maggiore per gestirne il carico emotivo.

La separazione, in ogni caso, è una frattura: rompe in maniera più o meno prepotente il presupposto di linearità esistenziale che ci costruiamo nella testa: nascere, crescere, trovare qualcuno che ci completi, adagiarsi in un “e vissero felici e contenti” che ci fa sentire al sicuro.

Allo stesso tempo frantuma l’immagine che abbiamo di noi stessi: dalla separazione nasce un prima, in cui ci vediamo accanto a qualcuno, in una casa, con amici e familiari condivisi, e un dopo, in cui ci ritroviamo a reinventarci. Per questo spaventa e viene vissuta come un fallimento. 

Anche nei casi in cui entrambi i coniugi siano d’accordo sulla necessità di separarsi, il cambiamento che ne consegue richiede attenzione e cura, per non esserne travolti. 

Quando una relazione finisce non è facile riordinare tutto quello che negli anni si è condiviso, è faticoso dare un senso a ciò che sta accadendo e spesso si viene sopraffatti da un turbinio di emozioni. Da un punto di vista pratico ci si trova a dover riorganizzare la vita a partire dalle piccole cose quotidiane: l’abitazione, la suddivisione degli oggetti, la spartizione delle fotografie raccolte negli anni e, se si hanno figli, una nuova gestione del tempo con loro.

Dal punto di vista psicologico si affronta la ridefinizione di sé, mentre si sussegue un’altalena emotiva che va dal sollievo alla rabbia, dalla nostalgia alla frustrazione, dalla tristezza alla speranza.

Ritrovare un equilibrio psicologico dopo la separazione richiede tempo: l’esperienza separativa, infatti, può essere paragonata a un lutto, con tutte le fasi che lo contraddistinguono. In entrambi i casi ci si trova di fronte a un addio e si deve incominciare a pensare alla vita a venire in assenza di qualcuno che prima c’era.

Anche quando si sceglie la separazione in modo consensuale e con consapevolezza, è faticoso ridefinire i nuovi confini della propria realtà, esattamente come accade quando viene a mancare una persona malata da tempo, la cui morte era annunciata. 

Ciò che differenzia la perdita del partner a causa di una separazione dalla perdita per lutto è che, la prima, è potenzialmente revocabile e questo aspetto smuove una serie di emozioni contrastanti che vanno tenute in considerazione.

Robert Emery, nel suo libro “La verità sui figli e il divorzio”, espone il modello ciclico del dolore, per definire il processo della separazione, all’interno del quale le persone coinvolte passano da un sentimento all’altro, in un’altalena continua tra amore, rabbia e tristezza. 

È necessario fare una distinzione, nel caso in cui la separazione non sia consensuale, tra chi lascia e chi viene lasciato, in termini di impatto emotivo.

Il partner che lascia ha già avviato, interiormente, il processo separativo, trovandosi così in una fase avanzata rispetto all’altro. Per quanto gli provochi smarrimento e dolore, ha incominciato a immaginare il proprio futuro senza il partner.

Chi viene lasciato, nella maggior parte dei casi, non è ancora pronto ad allontanarsi dall’altro, è letteralmente sopraffatto da emozioni intense e caotiche, che lo ostacolano nella elaborazione del lutto.

Prestare attenzione alle proprie emozioni, accoglierle senza soffocarle, è il primo passo da fare per incamminarsi nel processo separativo.

Le fasi emotive

Negazione

In questa fase, che può aver inizio molto tempo prima della effettiva separazione, si nega a sé stessi la crisi della relazione, volendo evitare di affrontarne le conseguenze. Anche quando la progettualità è ormai morta, il malessere pervade ogni momento condiviso, si preferisce imbrigliarsi nella routine e nei ruoli piuttosto che mettere in discussione la propria vita. Quando la rottura diventa evidente e non si può più evitare, si mettono in atto meccanismi in base ai quali si tiene viva la speranza che tutto sarà risolto e che, alla fine, si tornerà insieme. È un modo per proteggersi dal cambiamento, con tutto il carico emotivo che comporta. 

Rabbia 

Quando l’idea della separazione si concretizza, può nascere una grande rabbia nei confronti di sé stessi e del partner. Rabbia per il sogno infranto, per la perdita di una vita ordinata e organizzata, per non essere stati capaci di far funzionare le cose, perché l’altro non ci ha compresi, perché non è giusto che stia accadendo. Anche quando è indirizzata verso sé stessi, questa emozione ci spinge a comportamenti distruttivi nei confronti del partner se non è accolta e integrata. Provare rabbia è normale, così come attraversare le diverse fasi della perdita: bisogna fermarsi e ascoltarla, per incanalarla in modo costruttivo.

Senso di colpa

Quasi sempre, dopo la rabbia si sperimenta una grande tristezza, che porta con sé il senso di colpa. 

Nella testa si fanno strada pensieri come “avrei potuto fare di più” o “è per causa mia se le cose sono andate storte”. Il senso di fallimento che ne deriva può portare la persona che lo sperimenta a deprimersi e a non reagire. È necessario prendere consapevolezza che le relazioni finiscono anche quando si è investito tutto il proprio impegno per farle funzionare, perché, sebbene si viva insieme, a volte capita che si cresca in modo così diverso da allontanarsi. Guardare la separazione in modo nuovo può aiutare a elaborare il senso di colpa.

Paura 

Affrontare lucidamente l’idea della separazione, dopo aver sperimentato la rabbia e la tristezza, può spaventare. Il cambiamento in sé fa paura, ma è soprattutto la nuova solitudine che ne deriva a destabilizzare. Nella testa arrivano domande come “sarò capace di fare da solo?” o, se ci sono figli, “come farò a stare lontano da loro anche soltanto un giorno?”

Anche la paura va accolta, ci mostra la nostra fragilità, che va rispettata, e ci predispone a vivere la separazione con più umanità e comprensione.

Nostalgia 

Anche quando abbiamo incominciato ad accettare l’idea della separazione, può arrivare un grande senso di mancanza, che ci fa sperimentare la nostalgia. Capita spesso che, nelle coppie che seguo, anche a distanza di tempo uno dei due torni da me in lacrime, perché sente il vuoto della perdita. È la fase in cui si incomincia ad accettare ciò che sta accadendo, ma, al contempo si sperimenta la nostalgia di ciò che non è più presente, dei ricordi condivisi, del tempo passato. Bisogna stare con ciò che arriva senza contrastarlo, vestendo il dolore di gratitudine per ciò che c’è stato, cercando di evitare l’idealizzazione del rapporto in funzione della mancanza. 

Accettazione 

Dopo aver accolto tutte le emozioni che si sono susseguite e che richiedono il giusto tempo per la loro integrazione, si può accettare la separazione come un’esperienza nella propria vita, che indubbiamente segna, ma che può essere affrontata. 

La fase dell’accettazione porta un nuovo equilibrio: è come se tutte le emozioni si sedessero insieme in cerchio e si guardassero negli occhi. Riconoscerle e accoglierle tutte fa fiorire una nuova possibilità di pace, un senso profondo di libertà. 

Speranza

Quando si accetta la separazione nasce una nuova speranza, non in un ritorno con il partner, ma per la propria vita, per sé stessi. Perché fioriscono il rispetto per ciò che si è vissuto e la capacità di ricordare il buono che c’è stato, mentre si lasciano andare le cose del passato che ci trattenevano nell’altalena emotiva: la rabbia, il dolore, la colpa e la vergogna.

Queste emozioni non spariscono come per magia: lasciarle andare vuol dire coglierne il senso e poi darsi il permesso di andare oltre il dolore, coltivare una nuova fiducia, sapere di potersi reinventare.

Sperare nelle possibilità che la vita può offrire vuol dire fare i conti con la paura di restare da soli, gestire la quotidianità senza lasciarsi travolgere dai cambiamenti, porre le basi per un nuovo dialogo con i figli, chiedere aiuto quando si ha bisogno di sostegno, aprirsi alle novità con curiosità e slancio. 

Ogni fase emotiva ha la sua importanza nel processo separativo e richiede tempo e pazienza. Se si resta bloccati nell’altalena emotiva, si potrebbe avere bisogno del supporto di un esperto. In questi casi non esitate a chiedere un sostegno nell’elaborazione delle emozioni, per accettare ciò che è accaduto e per ripartire da voi stessi con fiducia.


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