Questo è il tempo. Per dichiarare la vita, essere chi sono e non lasciarmi calpestare
Margherita Roncone
Qualche giorno fa ho avuto il piacere di incontrare i ragazzi di quinta classe di una scuola secondaria di secondo grado, per guidarli nella consapevolezza dei meccanismi dell’auto sabotaggio.

Ho proposto loro un esercizio tanto semplice quanto potente. Prima di procedere ho chiesto loro quale fosse il pensiero limitante che formulavano più spesso su loro stessi:
- Non sono capace
- Sono un disastro
- Tanto lo so che andrà male
- Non ne faccio una giusta
- Non riesco
- Non me lo merito
- Sbaglio tutto
Ho domandato loro di concentrarsi su quei pensieri e di ripeterli a mezza voce. L’aula si è riempita di queste frasi negative. Quando gli ho chiesto di smettere li ho osservati: l’espressione del volto era tesa, la postura esprimeva bassa energia e il silenzio era carico di tensione. Li ho sollecitati a effettuare un cambio di stato spostandosi di posto. Quando sono tornati seduti, gli ho domandato di trasformare la frase che avevano ripetuto in positivo:
- Sono capace
- Riesco
- Andrà tutto bene
- Mi impegno e ottengo il risultato
- Sono bravo
- Mi merito il meglio
- Sono in grado di farcela
Già dalla prima enunciazione della nuova frase la postura è cambiata, il volto si è disteso e l’energia nella stanza si è modificata completamente. Ho chiesto loro di alzare il tono di voce, di asserire con convinzione quanto andavano dicendo a loro stessi. Al termine dell’esercizio tutti sorridevano.

Noi siamo i nostri pensieri e possiamo trasformare la nostra realtà cambiando il segno delle convinzioni che abbiamo su noi stessi.
È così semplice?
Certamente non basta una sola affermazione positiva delle nostre capacità o di ciò che pensiamo su noi stessi per operare un miracolo, ma possiamo incominciare dalle cose più semplici per smettere di auto sabotarci.
Cos’è l’auto sabotaggio?
È una strategia cognitiva che porta la mente a riempirsi di pensieri negativi e a costruire muri emotivi, facendo sì che l’individuo dubiti delle proprie capacità di realizzare ciò che desidera e bloccandolo. Questo atteggiamento può manifestarsi in tutti gli ambiti della vita: a scuola, nel lavoro, nelle relazioni interpersonali.
Ma perché ci auto sabotiamo?
Convinzioni apprese
Maria Montessori parla di mente assorbente riferendosi alla capacità del nostro cervello, nei primi 7 anni di vita, di assorbire tutto ciò che lo circonda in modo naturale e immediato, proprio come una spugna. In questo modo il bambino incorpora i dati del mondo esterno, costruendo la propria identità di conseguenza, adattandosi a quella realtà.
La prima infanzia, dunque, è una vera e propria età dell’oro, il periodo della creazione delle basi del carattere, dell’intelletto e della personalità.
Ma cosa accade se durante quel periodo ci viene detto che non siamo capaci, che siamo cattivi, e ci viene fornita tutta una serie di informazioni negative e limitanti su noi stessi? Succede che costruiamo l’idea di noi stessi sulla base di quelle informazioni. La mente assorbente, infatti, consente il realizzarsi di un fenomeno che Montessori definisce chimica mentale: è come se tra ambiente e bambino si venisse a creare una reazione chimica, che fa in modo che le impressioni del primo si incarnino nella mente del secondo, la formino e la trasformino, al punto che egli finisce per assomigliare a ciò che lo circonda.
Quando ci auto sabotiamo da adulti, quindi, potremmo stare ascoltando ancora, nella nostra testa, le voci di chi ci ha guidati a creare una convinzione limitante sulle nostre capacità. Rendersi consapevoli di quanto accade è il primo passo per sostituire quelle voci lontane con pensieri positivi e potenzianti.
Perfezionismo e timore del fallimento
Può accadere che in passato le figure genitoriali abbiano manifestato continue aspettative nei nostri confronti e che, da adulti, quel carico eccessivo sia stato introiettato. Nutrire eccessive aspettative su sé stessi porta al perfezionismo, che diventa dannoso. Le persone auto sabotanti possono essere così preoccupate di non raggiungere gli standard eccessivi che si impongono, che preferiscono, a livello inconscio, rinunciare, impedendo così la propria realizzazione personale.
Il timore del fallimento, infatti, diventa una montagna troppo ardua da scalare, un blocco mentale ed emotivo che porta all’auto sabotaggio.
Scarsa tolleranza allo stress e all’ansia
Viviamo in una società fluida, in continuo movimento e questo ci costringe a un adattamento e a una flessibilità che poco si conciliano con il nostro atavico bisogno di sicurezza e stabilità.
Soprattutto nei giovani, si assiste a una frammentazione del sé: da un lato la richiesta massiccia di cambiamenti e di adeguamento a standard di efficacia e produttività, dall’altro la mancanza di conoscenza reale dei propri bisogni e della propria identità, li portano a non avere obiettivi personali e a uniformarsi a modelli esterni che diventano fagocitanti.
Il risultato è un grande senso di vuoto, scarsa autostima e uno stato di ansia continua, con conseguente accumulo di stress negativo. In questo scenario l’auto sabotaggio diventa la risposta automatica.

Come superare l’auto sabotaggio?
È stato bellissimo assistere ai risultati dell’esercizio proposto ai ragazzi che ho incontrato. Qualcuno di loro ha appuntato la frase positiva che si era ripetuto e continuava a guardarla e a sorridere.
Trasformare i pensieri negativi richiede impegno, costanza e disciplina, ma è il primo passo da fare. Ho suggerito ai ragazzi di scrivere su alcuni bigliettini le nuove convinzioni potenzianti e di attaccarli ovunque, a partire dal comodino accanto al letto, dove potranno guardarli e leggerli prima di addormentarsi e al risveglio.
Per superare i blocchi imposti dalla mente, infatti, è fondamentale attuare un approccio che modifichi la consapevolezza di sé, cambiando modelli di pensiero e comportamento.
Il secondo passo da fare, proseguendo su questa strada, è trattarsi con compassione e gentilezza, smettendo di considerare i propri difetti come limiti insormontabili, ma piuttosto come opportunità per migliorare e scoprire i propri talenti. Io per prima ho ammesso di non avere grandi abilità con i numeri e di avere una scarsa intelligenza spaziale, che mi porta a perdermi anche nei corridoi di un albergo.
Ironizzare sui propri limiti ci rende più gentili con noi stessi. Non solo: ho potuto capire quanto amassi scrivere e comunicare emozioni proprio a partire dalle cose in cui invece non riesco. Ognuno ha dei doni, bisogna scoprirli per valorizzarli e diventare la migliore versione di sé stessi.
Stabilire obiettivi che appassionano, ma che siano anche realistici e raggiungibili e non inficiati dal perfezionismo, consente di sperimentare successi progressivi e di avviarsi a una conoscenza delle proprie capacità che fortifica l’autostima.

Al termine dell’esperienza, i ragazzi erano illuminati da una nuova luce: sapere di avere la possibilità di cambiare la propria realtà li ha resi proattivi e fiduciosi.
E tu, cosa stai aspettando?
Se anche tu senti che l’auto sabotaggio ti sta impedendo di vivere pienamente, è tempo di cambiare.
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Ho letto e compreso quello che ha scritto e da professionista comprenderà che la memoria atavica può cambiare il nostro destino. Noi adulti dovremmo sempre ricercare il bambino che c’è in noi. Spesso avviene che un evento straordinario ci faccia riflettere e per trovare una risposta dobbiamo interrogarci. È stato detto dal suo collega a Martina Franca. Impegno e riflessione per rispondere alle nostre stesse domande. Grazie
Sono d’accordo con te Giuseppe. Dovremmo riconoscere e accogliere il bambino in noi, per guarire le antiche ferite, per amarci come meritiamo e nel modo in cui soltanto noi possiamo fare. La memoria atavica condiziona il nostro destino, ma noi possiamo sempre scegliere cosa diventare e la vita che vogliamo. Un respiro alla volta. Grazie a te!